Il lungo serpente multicolore di utilitarie oberate da abnormi carichi fin sopra al tettino rovente, si snoda come ogni anno dall’italico e neo-mediasettico entroterra e attraversando impervie corsie di asfalto perlopiù sconnesso, ancestrali cantieri aperti da tempo immemorabile e spesso tramandati di padre in figlio, affrontando insidie terrene (fabbisogni corporali del citto piccino) ed ultraterrene, arriva finalmente alla agognata località balneare, dove finalmente dar pace e sollievo a spirto e membra. Eh si, perché notoriamente l’Italico Genio, lui che per la bellezza di 335 giorni si è sorbito qualcosa come 1936 ore di lavoro vessatorio (virgola ventisette, direbbe qualcuno…), 5360 ore di moglie petulante e francamente anche un po’ rompicoglioni, 2680 ore di sòcera, il che è tutto dire, 77,5 ore di partite in televisione della propria squadra, fra campionato coppe ed insulsi tornei cavallereschi vari (comprensivi di tempi di recupero), senza che questa abbia cavato un ragno da un buco nonostante la milionata spesa per mettere su la parabola, le spade di Damocle del mutuo, l’assicurazione della Punto, le rate per la suddetta utilitaria (e un siamo neanche alla metà), la luce, il telefono, il gàsse, la figliola che torna alle cinque da ballare tutti i sabati, ebbene, egli, l’italico genio sente la necessità fisiologica di un supplemento di Golgota, e combatte fino allo strenuo delle forze per raggiungere il proprio masochistico scopo.

Eccolo quindi la mattina che si autoflagella con alzatacce feroci ad orari improponibili anche per un frate cercatore per il nobile fine di effettuare, da cittadino modello con tanto di tessera dell’Aci, la partenza intelligente. Esattamente come gli altri quaranta milioni di suoi connazionali che hanno messo la sveglia alla

Ma come si sta bene, non c'è quasi nessuno...

stessa ora per lo stesso scopo, con la conseguenza di essere risucchiati nell’ingorgo laocoontico fin dallo “stop” in fondo al vialetto di casa. Una volta arrivati all’autostrada, nasce il problema del carico. Infatti nel tettino della Punto sono state stipate masserizie, derrate e ciarpame vario, dal peso che stroncherebbe un carrarmato ed assai ostili verso i legacci elastici che dovrebbero contenerle in masse più o meno parallelepipediformi, ma esse, obbedienti alle leggi della gravità tentano in ogni modo di raggiungere l’asfalto. Lettini pieghevoli in ghisa forgiata, ombrelloni modello circo Orfei, poltrone massaggianti per le cervicali della nonna, fornelli a gas con scorta di bombole a seguire, cassettone di camera in noce massello e piano in marmo delle apuane (ricordo della nonna, bònanima) zeppo di mutandame, calzeria e camiciolame, il ficus di due metri che la donna non può lasciare a casa che va annaffiato tutti i giorni, parinosennòsesecca, la Vespa 125 “primavera” verde ramarro col portapacchi cromato che pare ancora nòvo, la bicicletta dei pokemon dei bimbi, le immancabili valigie fosforescenti del mercatone di varie fogge e metrature, ondeggiano pericolosamente al di sopra della vettura, provocando una certa apprensione nel guidatore e ancor di più nelle vetture che tentano, a loro rischio e pericolo, di superarle.

Così fra centinaia di chilometri di asfalto rovente, di finestrini tenuti su perché 1) la Punto l’aria condizionata non ce l’ha (scelte tecniche del costruttore: o Zidane o l’aria condizionata…) 2) la gentil pulzella i finestrini li

La vettura per eccellenza dell'italico genio: la PUNTO GRIGIA!

vuole non solo chiusi, ma sigillati col bostik perché si piglia il vento poi viene il mal di gola, meglio patire i 76 gradi centigradi, che la sofferenza nobilita l’animo, collisioni sfiorate con immensi mammuth gommati pluricassonati targati Caserta con veri e propri altari posti su nicchie absidali illuminate con luci psichedeliche da discoteca accanto alla cabina di guida, con ivi incastonati PadriPii veglianti, SanteMadri preganti, posters di papi da Leone VII in poi, clamorosi inchiodoni alla vista di qualsiasi autovettura ferma al bordo della strada (timore da forze dell’ordine è la diagnosi), ore e ore di “dammitrepparolesolecuoreamore” sparate dalla cuffia della citta piccina a volumi aeroportuali, suocere petulanti e sventolanti “perché in questa macchina ce se more dar cardo”, l’Italico Genio giunge, dopo svariati giri della lancetta piccina alla pensione “Da Ciro e Carmela”, con comodi cameroni multifamiliari modello hangar militare, aria condizonata (se si riesce ad aprire la finestra, incastrata dal ‘56), piscina (palude a 50 metri dall’entrata), vista mare(poster di Capri nell’atrio). Ma l’importante è esserci, come disse il sindaco di Hiroshima nel ’45. Che la festa abbia inizio! Abbandonato lo scarpone di cuoio d’ordinanza e il calzino di lana, l’Italico Genio finalmente mostra agli alluci uno squarcio di mondo ma solo per pochi attimi, perché è d’uopo non abusare del sole e quindi via, calzino mistolana (verde) e sandalo rigorosamente aperto (fresco).

La camiciola bianca del ’74 alla Alberto Sordi e il pantalone corto (pietosa imitazione del bermuda) ritagliato dalla moglie da un paio di calzoni di velluto marrone completano l’improbabile vestiario. Il momento saliente dell’essere in vacanza è l’iniziazione alla spiaggia. Come ogni anno, l’Italico Genio si precipita in spiaggia con l’intenzione di prendere la miglior tintarella possibile per far crepare d’invidia il vicinato. Per questo si unge con creme pre-sole, pre-protezione, protezione antiUVA, antiozono, antisalsedine, antipolivinilperossidoiperborati (hai visto mai, con tutti gli stranieri che c’è in giro), per finire poi con le creme post-sole, post-protezione, emollienti, tonificanti, rinfrescanti, rassodanti, esfolianti (alzi la mano chi sa che cosa significa), corroboranti, depauperanti, ottovolanti. La tecnica dell’Italico Genio è semplice: alle nove in punto sotto l’ombrellone, che assieme a due sdraio per quindici giorni d’Agosto costano come lo 0,3% del Nasdaq. La posizione iniziale è quella denominata “Nazareno”: braccia larghe e mani stese, gambe unite, testa leggermente reclinata. Tale posizione viene mantenuta fino alle 11, undici e dieci al massimo. Poi si passa alla posizione “Sindone carpiata rovesciata”, ovvero con un tuffo olimpionico si tuffa sull’asciugamano rovente, pancia in giù, braccia e gambe distese, faccia compressa nella sabbia. Con tutti i liquami bituminosi cosparsi sul corpo, zone dell’asciugamano si impregnano ed assumono una colorazione antropomorfa che si può paragonare al sacro lenzuolo. A metà della cottura, normalmente si hanno le visioni. Ventenni gioconde scorrazzanti con la quarta di reggiseno ed altrettanto tonnellaggio di mutanda mettono a seria prova le malconce coronarie dell’Italico Genio ed ancor di più le proprie convinzioni etico-religiose inculcate a scudisciate dalle Orsoline cinquantanni prima, quando le ventenni non le avevano ancora inventate. Poi, fra i “babbomecomprilacocacola”, le girandole di collanine, magliette col coccodrillo artefatto, occhiali di colori che avrebbero infastidito Andy Wharol, cittini che sventolano turbini di sabbia ovunque intorno nell’indifferenza dei genitori, le gazzette dello sport, si arriva all’una, quando scatta l’ora “X”. E via quindi, con l’arrotolar di asciugamani che è giunta l’ora del desco. Carovane di novelli beduini percorrono le impercettibili dune di quell’inesistente deserto di sabbia per giungere all’agognata tavola. Quantità ignobili di carboidrati serviti da Carmela in persona, vengono uccisi e fagocitati da stomaci da altoforno, conditi da improbabili sughi colloidali in cui navigano molti “potrebbe” (potrebbe essere pomodoro, potrebbe essere carne…) conditi con quantità industriali di olio esausto delle corriere, e composti parmigian-polimerici grattati sopra in abbondanza. Zuppe di pesce fresche fresche perché appena reduci dal banco frigo della Còppe, composti poliuretanici ben guarniti serviti a mò di dolce, caffè dal colore ed aroma sospetto e poi via, verso il letto, perché se un ci si riposa in vacanza… Poi alle 15 si ripete il rito ciclico: crogiolatura in spiaggia fino alle 19 in punto, frugale pasto alle 19:30 (9600 calorie lasciate ignobilmente sul campo). Ma è la sera che l’Italico Genio da il meglio di se. Dopo aver digerito le derrate alimentari di quell’olocausto chiamato cena grazie ad un limoncello fatto in casa (grappa del discount + Last al limone), si scatena la vita. Reindossato l’immancabile compagno mistolana (verde) sotto al sandalo, via, per il corso che è tutta vita! Ogni località balneare ha il proprio corso. La via centrale del paese, che in inverno solo pochi ne teorizzano l’esistenza, diventa un brilluccicar di vetrine, un florilegio di tavolini all’aperto, un’ epidemia di scaffali con libri sui tarocchi, intere pareti vengono affisse con ciabatte gommose in esposizione, i gelatai arrivano col carrello della mercanzia fino alla linea di mezzeria oramai, senza più scopo, e curiosi manufatti ottenuti incollando quantità considerevoli di resti di cacciucco, cozze ed arselle vengono mostrati con ammiccanti messaggi: “Saluti da…”, “Tanti saluti da…”, “Salutoni da…”. L’Italico Genio si sente orgogliosamente un’Indiana Jones: conosce alla perfezione ogni angolo della cittadina grazie alla quarantennale frequentazione degli stessi luoghi, e guida con piglio sicuro il resto della famiglia verso le mete desiderate.

Tipi da spiaggia

Il gelato si piglia al chiosco dopo la pineta prima del bagno cinquantasette, esclama, riscuotendo gli sguardi d’orgoglio dei figli che non sapevano di avere un padre cosmopolita. E come sempre, nel tragitto casa-gelataio distante circa 600 metri, ci si sente come a casa. Nel senso che l’80 per cento delle persone che si incontrano sono Italici Genii del proprio paese, del proprio quartiere, del proprio condominio. Nel percorso di ritorno, saziati gli stomaci e ristorate le lingue col fresco cono bigusto (cinquemila per sedici grammi: costa più della cocaina) ci si dedica allo shopping. E così ogni giorno vengono portati a casa: “Curarsi con le erbe”, “Vita di Padre Pio”, “La Divina Commedia” (a casa ce ne sono undici copie ma il titolo l’hanno sentito nominare, vuol dire che è un bel libro e che va comprato), Crema nutriente post-dopo-anti-pro qualcosa alle vitamine dalla A alla ultima lettera dell’alfabeto cirillico incluso, in comodo flacone famiglia da 2 chili e sette con pratica maniglia per il trasporto ed un braccialetto gonfiabile in omaggio, ciabatte infradito con zeppa di trentasette centimetri sul livello del mare non per la figlia ma per la mamma, girocollo di gusci di lumachine con incastonato a mò di ciondolo un bassorilievo di Padre Pio (sempre lui), ricavato da un unico blocco di basalto del Sudafrica, palle di vetro con dentro figure non ben identificate ma che ricevono la neve (si proprio la neve) in testa se capovolte per il parentado che ha avuto la sfortuna di rimanere a casa. A tarda ora, spossato dai 38 gradi esalati fino a tarda notte dal cemento e dall’asfalto, con le proprie borse di acquisti (metà stipendio di un dirigente Fiat), l’Italico Genio fa rientro alla pensione dove si concederà una salutare dormita tra un tentativo e l’altro di schiacciare stormi di zanzare tigre dalla dimensione di una carota, sudando come Coppi sul Pordoi dal caldo da deserto africano, clacson dalla strada, urla di giovinastri che sono ancora in piedi dopo le undici di sera, discoteche regolari e quelle semoventi (Punto grigie pluricarenate e spoilerizzate, con impianti Hi-Fi a bordo ed amplificatori da far impallidire Radio Vaticana, sparanti “vuvvuvvumipiacitu” a volumi che travalicano il decibel per entrare nella scala Mercalli. Il giorno dopo, e quello dopo, e quello successivo, la storia si ripete. Ogni gesto viene inesorabilmente rivissuto nei quattordici giorni a seguire. Il quindicesimo giorno, egli si riposò. Infatti l’ultimo giorno è in genere trascorso dall’Italico Genio tra la Guardia Medica ed il Pronto Soccorso a causa delle ustioni di secondo e terzo grado riportate dalla maggioranza dei componenti il nucleo familiare, diarree del figliolo piccino, siringate di Voltaren per la nonna sennò un cammina più, test di gravidanza per la figliola (sopra i quindici anni è quasi d’obbligo).

Prima....

Alla fine del mese, la maggioranza degli Italici Genii riesce a tornare a

...e DOPO!

casa. Ricaricano la Punto di tutti i loro bagagli e si reimmettono nell’autostrada che li riporterà a casa. E’ stato bene, l’Italico Genio ne è convinto. Si sente proprio rilassato. E poi quest’anno si è speso anche meno dell’anno scorso (con i soldi buttati via poteva comprare una tenuta in Argentina, ma vuoi mettere la mucillagine di casa nostra?).

All’indomani, alle 5 di mattina la sveglia suonerà per permettere al nostro di essere in fabbrica alle sei in punto. E la vita trascorrerà come sempre: con la moglie rompicoglioni, la sòcera, la parabola, la luce, il gàsse, l’assicurazione della Punto…Ma mancano solo 11 mesi, e poi via, se torna al mare!