Questa è la triste storia di una piccola oca insignificante, o in toscano: “nana”. Una di quelle sciacquettine alte un cazzo e una buca, occhialuta, con l’aria da bidella zitella acida insoddisfatta, ma si sente ugualmente fica, per quel ridicolo tacco 12 e lo stipendio da manager. Questa nanaccia infame era solita tenere un libriccino nel quale raccoglieva date, dettagli, numeri e testimonianze circa le azioni dei colleghi di lavoro. char_54042Come una spia della STASI, annotava tutto febbrilmente, e con la stessa solerzia riportava tutto ai superiori, spesso farcendo la realtà o aggirandola per far passare come inetti i colleghi. Era arrivata a chiedere l’amicizia sui social network alle persone che collaboravano con lei usando l’account del marito, in modo da poter controllare le ore e le date dei post di queste persone e fare gli screenshot accusatori da presentare trionfalmente alla direzione. Era talmente bieca che mandava degli amici a fare domande a trabocchetto ai colleghi, per poi fare dei dossier incriminatori. Con questo sistema aveva creato attorno a se una aurea di intoccabilità: era il cagnolino del padrone, tutti la temevano. Chi aveva la sventura di non esserle simpatico, faceva una brutta fine. Nell’arco di appena 4 anni, è stata la diretta/indiretta causa del licenziamento (o della “costrizione a licenziarsi”) di una decina di persone. Ma il mondo gira.

Non sappiamo cosa faccia adesso. Sappiamo solo che per qualche motivo, è stata sbattuta fuori. Non sappiamo se sia stata costretta a licenziarsi, subendo le angherie di cui è stata portatrice per un decennio, o se in tanti anni di potere ha combinato qualcosa di grosso. A noi piace pensare che qualche fax, qualche email, qualche raccomandata spedita da anonimi benefattori dell’umanità sia arrivata dove doveva, e che qualche pentola si sia scoperchiata.
Di lei rimane solo un vago ricordo, che torna alla mente quando, aprendo i giornali si legge “Negozio leader nel settore cerca commesso/a”.
Addio, nana di merda. E buona fortuna.