Gli americani ci hanno sempre fregato con la lingua. Loro non hanno la due-mari da Fano a Grosseto: loro fanno il Coast-to-coast! Hanno le highways, che sarebbero le nostre autostrade, ma vuoi mettere la Salerno-Reggio Calabria con la loro mitica Statale 17? Da loro potevi incontrare Kerouac in un Motel del Nevada col mozzicone di matita che scriveva su un blocco polveroso, da noi al massimo incontri Pippo Baudo all’Autogrill di Badia al Pino che addenta un topaccino al formaggio.

Loro raccontano: “Abbiamo preso la vecchia Cadillac del 65 del padre di John, ed abbiamo puntato a sud, verso il Nebraska. Ci fermammo solo al tramonto…”. Si ha la sensazione degli spazi immensi, del sole sul parabrezza della vecchia vettura cromata con la cappotta bianca tirata giu, del tramonto imminente, dei motel nel deserto…

Noi, in Casentino come possiamo controbattere? “S’è preso la Punto der babbo de Riccardo, siam partiti da Campolombardo… Poi, al Ponte All’Archiano s’è trovato la Sita e siamo arrivati a Ceciliano che l’era buio”. Non è la stessa cosa, per la miseria. Abbiamo delle difficoltà oggettive, che nella nostra vallata diventano ancor più evidenti a causa della condizione della viabilità, che è arrivata ad uno stato di coma irreversibile.

Le strade di accesso al Casentino, principalmente sono quattro: la Consuma, il passo dei Mandrioli, lo Spino e la Strada Regionale 71. La Consuma è un passo di montagna e come tale è di  giustificata impercorribilità. Stesso dicasi per i Mandrioli ed in parte per lo Spino. Ma per il Casentinese autoctono, è la Strada di fondo valle l’arteria principale di scorrimento (e di giramento…). Molti nostri concittadini infatti lavorano al di là del “groppino”, ovvero da Rassina in giu, ed in quelle poche decine di chilometri che devono percorrere, si concentrano una serie di follie seconde solo, a mio modesto giudizio, solo alla famigerata Salerno-Reggio Calabria.

Questo maledetto serpente d’asfalto, ogni anno infatti inghiotte con le proprie fauci ore di lavoro perdute, ulcere gastriche post-incazzamento, centinaia di euro di bastardissime multe, e come se non bastasse, anche vite umane. E così, giornalmente, come novelli San Giorgio siamo costretti a combattere contro questo tremendo serpentone e contro le sue terribili armi. La più temibile arma del Serpentone Regionale 71 è il tremendo “Camion Prefabbricatorum”. Dotato di una lunga coda poco semovente e di una scarsissima inclinazione al trotto, esso se incontrato provoca grandiosi ingorghi, immense ulcere, travasi di bile, e talvolta code ininterrotte dal Corsalone a Ceciliano. Inoltre, è assai avvezzo allo “scodamento”, specialmente in località Calbenzano, dove spesso due o più di tali bestioni si danno appuntamento proprio sul ponticello sul fiume Talla, e per evitarsi a vicenda bartano travi e prefabbricatame vario nella linea di mezzeria. Un antidoto a questo malanno ci sarebbe, e si chiama “Ferrovia”. Peccato che sia scarsamente utilizzata. Il Serpentone Regionale 71 è dotato in oltre di numerose antenne, simili a infami padelle bianche col bordo rosso, chiamati “Limitatio di Velocitas”. Al centro di tali padellacce, vi sono riportati dei numeri, solo le decine, rigorosamente fino al numero “50″ (anche se imperano i “30″). Tali antenne, o cartelli, contribuirebbero all’intasamento della carreggiata se solo qualcuno rispettasse il limite imposto. Perché quando il limite imposto è assurdo, è anche assurdo pensare di rispettarlo (avete provato a fare i 30 all’ora nel dirittone di Calbenzano?). Se malauguratamente qualche tapino è costretto a rispettare il limite, magari perchè gli sono rimasti 3 punti sulla patente, esso sarà la ragione di feroci maledizioni (“vaffanculatio“) degli altri automobilisti costretti ad arrivare a destinazione dopo il tramonto. Quel che è peggio è che questi cartelli vengono subdolamente piazzati in posti strategici da alacri servitori per rimpinguare le casse dei Comuni ai quali appartengono i terreni sui quali il Serpentone stesso giace. Infatti essi sono la carota buttata in mezzo alla strada per attirare gli automobilisti verso la più terribile delle armi, che ha un nome ben preciso: “Autovelox”. Questo strumento è tanto ridicolo a vedersi (sembra un animalaccio malfatto, secco secco e con due occhi distanti) quanto tremendo al morso. Egli è per sua natura subdolo e carogna, e come tutti gli esseri infami sta sempre nascosto. Egli manifesta la propria presenza solo qualche settimana dopo l’incontro, spedendo a casa dello sfortunato una raccomandata con diverse centinaia di Euro di saluti. Le “tane” preferite dell’Autovelox sono: a Bibbiena in località La Nave, al Corsalone nella diritta di Fontechiara, a Rassina si può trovare all’inizio del cavalcavia (sparato da dietro un furgone civile civetta), all’incrocio per Chitignano o nella zona dello stadio (anche qui ben nascosto all’interno di auto civili), e anche nello spiazzo che conteneva una piccola casa cantoniera alla fine della diritta che si trova dopo Villarosa (tra il distributore e l’allevamento di struzzi). A Subbiano ancora meglio, le “tane” sono disseminate in tutto il tratto che attraversa il centro abitato (dalla famigerata casa cantoniera sulla sinistra andando verso Arezzo, allo spiazzo privato qualche decina di metri dopo, fino al marciapiede, lato destro, di fronte al distributore). Gran brutta bestia questo Autovelox, gran begli incassi per i Comuni…

Ma non è finita qui, per i martiri della SR71. A queste possenti armi si uniscono anche le maledizioni naturali. Si parte dalla onnipresente Punto grigia, dotata di proprietà invariantiva: infatti può essere farcita di suore, di Fiorentini o di ottantenni ma l’andamento è sempre lo stesso: ondulatorio, sinuoso, incerto, lento. Poi troviamo il semaforo di Ceciliano: vengono anche da fuori dell’Europa per vederlo, fotografarlo e cercare di capire a che diavolo serva. Pare che l’unica sua funzione sia quella di unire fisicamente Ceciliano con Castelnuovo di Subbiano (7km circa) in una unica allegra coda. Abbiamo ancora le Pande senza freccia (o meglio la freccia ce l’hanno, ma non viene mai messa quando girano), i “cellular-dipendenti“, biechi personaggi che se ne infischiano delle regole della strada e delle leggi della natura che vivono con il telefono cellulare attaccato all’orecchio, chiaccherando, smadonnando, sbraitando, cercando un foglietto nel cruscotto per prendere appunti: il tutto mentre ti arrivano contro ai 90 all’ora.

Per concludere, anche le Forze dell’Ordine danno una mano: dove sarà piazzato il posto di blocco? In un tratto di strada pericoloso e quindi da controllare attentamente o nel bel mezzo di un ingorgo già esistente, dove il fermare un veicolo a bordo strada significa bloccare tutto il traffico dell’Italia centrale da Mantova a Frosinone? La risposta è fin troppo facile.

Come fare quindi a sopravvivere alla strada di fondo valle? La risposta è più semplice di quanto sembra: non usarla. Per arrivare ad Arezzo sani e salvi, una volta arrivati a Rassina, girare verso Talla. Prendere la strada della “Zenna” che porta fino a Subbiano. Da qui, fare la vecchia strada che da Castelnuovo di Subbiano e Marcena porta a Ponte alla Chiassa. Girare verso Anghiari, e all’altezza della Chiassa Superiore, prendere le indicazioni per Tregozzano ed Arezzo. Esagerato dite? Da Poppi ad Arezzo si risparmiano 20 minuti di auto, ulcere gastriche, rischio di autovelox, nessun camion, nessuna coda chilometrica, nessun semaforo del menga: mica male per una trentina di chilometri!