Tori Amos, “From the Choirgirl Hotel”

Riascolto questo autentico capolavoro e mi accorgo che questa pietra miliare tra poco compirà 22 anni. Spesso si dice “che cazzo di musica facevano negli anni 90!”. Esatto.

Questo album è un compendio di perfezione. Testi, musiche, suoni, e quegli effetti che rendono unico un brano (l’eco che aumenta di volume in “liquid diamonds”, ne vogliamo parlare?) e al centro lei. Myra Ellen Amos. Grinta, decisione, ferocia ed una delicatezza che fa venire gli occhi lucidi. E la precisione. Ecco, questo è un album di una precisione che lascia esterrefatti. Anche le “variazioni” sono talmente perfette (“on the other side of the Galaxy… The other side ooooooohhhh”) che sembrano incastonate da Benvenuto Cellini.
E poi c’è Northern Lad. Non è un brano. È quello che una madre prova di che ha perso un figlio, a causa di un aborto spontaneo. Ed è quello che è successo a Tori. È difficile spiegare la bellezza di questo brano, anzi impossibile. È tenerezza, disillusione, amore, rabbia e carezze. Impossibile non avere le lacrime ascoltando frasi come “ho avuto un ragazzino… Beh non l’ho proprio avuto. Se n’è andato come il tramonto. Dio, chi ha dipinto tutto questo?” “Quando è tempo di voltare pagina, e i tuoi occhi sono bagnati solo a causa della pioggia” “sento che te ne vai, e si cadendo a pezzi. Non dire che anche tu non lo fai…”

A mio giudizio è stata l’apoteosi di Tori. Dopo questo album non ha più mantenuto la strada.
Ma questo è un altro discorso.