Piccole riflessioni iniziali:

1) La maggior parte delle persone che invece di andare a farsi una scampagnata approfittando del bel tempo, trascorrono una giornata nel centro storico di una città, hanno qualche serio problema.

2) Ho un kalashnikov sotto al bancone pronto per quei simpaticoni che passano davanti al negozio e, vedendo le luci accese pensano:
“Ma guarda, oggi che è il primo maggio invece di essere chiusi c’è un commesso che sta li dentro dalla mattina alla sera! Quasi quasi, visto che non ho un cazzo da fare, vado a rompergli i coglioni con una serie di domande assurde che non c’entrano nulla con il suo lavoro. Così, giusto per passare un po di tempo.”

10:00 – Apertura del negozio

10:18 – Un bengalese vuol fare un contratto per prendere un telefono da 99€. Gli spiego che ci vuole la carta di credito. Mi chiede: “quèla va bene?” e tira fuori il permesso di soggiorno. Si preannuncia una bella giornata…

10:25 – Entra uno incazzato. “Ieri sera ho comprato questo telefono non funziona. Non fa le telefonate.” Provo io. Premo sulla scritta “TELEFONO”, con sopra l’icona del TELEFONO, mi compare la tastiera, compongo il numero del negozio: squilla. Funziona. Il cliente stupito: “Noooooo… Come ha fatto? E per i messaggi? Come faccio per i messaggi?” Si legga il manuale! MA FIGURATI, SONO 180 PAGINE, ME LO SPIEGA LEI!  (chiamo la neurodeliri e lo portano via prima che lo accoltelli)

10:48 – Entra uno, accento lombardo: “questa macchina fotografica, quando scatto, mi rimane bloccata. Da cosa può dipendere?”. Guardi, non ho idea, io vendo servizi telefonici!!!! E lui insiste: “No, non mi ha capito, vede, quando premo qui, non scatta. Sembra di si ma la foto non la salva!”. Io conto fino a 3 e gli consiglio di sentire nella farmacia di fronte, o al limite dal tabacchino. Mi risponde: “Ma mi prende in giro?” “Si, ma ha cominciato lei!”

(p.s. Non siamo neanche a 1 ora di apertura: zero scontrini, 3 psicoclienti….)

11:03 – Entra uno, con accento di Bolzano Nord: “Aggio cumbrat l’Aifonnoguattre (traduzione: Iphone 4). Comme fa ca ma ghieta la Garta e Crettete (traduzione: come mai mi chiede la Carta di Credito?)”. Gli spiego che per registrarsi al servizio di aggiornamento e acquisto programmi deve indicare il numero della Carta di Credito. “Ah e lo poteda fara voi?” In che senso? “Non tengo la Carta, lo fate voi con la vostra!”. Gli chiedo se sta scherzando. “MA GOME? AH IO LO VENDA GUESTA TELEFONINE, CHE SGHIFO LA TIMME” (la traduzione la lascio a voi)

11:42 – Un tipo vuole attivare una nuova SIM. Quando gli chiedo il documento mi guarda malissimo: “Da quando in qua per attivare un numero ci vuole un documento?” DA SEMPRE, esimia testa di cazzo!

15:35 – Uno mi chiede: posso usare la mia chiavetta internet della Wind con una scheda TIM? Gli dico: “In teoria si ma non le merita. Se usa la sua chiavetta, in un anno spende 303 euro. Se compra la nostra, lo stesso servizio ce l’ha per soli 189 euro”. Risposta: “PAZIENZA, LA MIA CHIAVETTA MICA LA POSSO BUTTARE VIA”… Uno così potrebbe fare il ministro delle Finanze!

15:49 – “Mi fa una ricarica da 5€”  “Certo, signora mi dice il suo numero?” Ah io non lo so, NON MI CHIAMO MAI”. “Allora non dovrebbe sapere neanche il suo nome e cognome. Comunque senza il numero non posso fare nulla” Allora chiamo la mi figliola, mi faccio dare il mio numero” ed esce. Dopo 30 secondi ritorna, mi porge il telefono e mi dice “parli lei con la mi figliola, senta un po cosa gli serve. guardate che casino se deve fare per ricaricare un telefono”. P.S. La Signora in questione aveva ancora 48€ nel telefono!!!!

16:31 – Entra una donna sulla trentina: “Mi hanno regalato questo telefono: ogni tanto mi fa PIRIPIIIIIIIII! PIRIPIIIIIII! PIRIPIIIIIIIII! Da cosa dipende?”

16:45 – Cercavo il SANSUNGHE CO LO SPORTELLINO,MA QUELLO DELLA NOKIA!

19:35 – Negozio chiuso da 5 minuti. Luci spente, cancelletto di ferro davanti alla porta chiuso. Vedo uno che traccheggia col cancello, lo apre, si presenta davanti alla porta automatica ovviamente chiusa e si sbraccia per far azionare il sensore. Io lo guardo malissimo, quello mi fissa e fa: “Ma… è aperto?” Io mi metto le mani sulla faccia disperato, mi riprendo e gli dico: “Se c’è un cancello chiuso, le luci spente e la porta chiusa, secondo lei?” “Ma volevo fare solo una domanda”…

Adesso vado a casa… Mezzo litro di Valium penso che possa bastare….

Il 1 Maggio 2011 verrà beatificato Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II. Già da mesi le televisioni ed i media in generale parlano dell’avvenimento mostrando folle di persone in delirio mistico al solo nominare il papa polacco. Chi è distante dalla dottrina (anzi, dall’indottrinamento) della chiesa cattolica, può guardare alla figura di Wojtyla col distacco della ragione. E analizzando la vita e l’operato del suddetto, non si nota l’aurea di santità, anzi! In breve, è stato uno dei pontificati più integralisti della storia, con l’appoggio incondizionato ai potenti (sanguinari o illuminati, che importa?), e la scure sui deboli.

Al di la della tristezza e ridicolaggine di un essere umano che va in giro a dire di essere il “rappresentante di dio in terra” , vediamo le azioni terrene che più di tutte hanno lasciato un segno tangibile.

BEATIFICAZIONE DEL CRIMINALE NAZIFASCISTA ALOYSIUS STEPINAC:

Papa Woityla ha beatificato – durante la sua visita in Croazia nell’ottobre 1998 – il dr. Aloysius Stepinac, vescovo cattolico, complice dei più atroci misfatti nazi-fascisti in Croazia durante il regime di Ante Pavelic dal 1941 al 1945. Stepinac, arcivescovo di Zagabria, fu al fianco dei fascisti Ustascia fin dal primo momento (come ha dimostrato senz’ombra di dubbio V. Novak, Principium et Finis veritas), da quando, cioè, il 10 Aprile 1941 ebbe luogo l’occupazione tedesca di Zagabria insieme alla proclamazione dell’indipendenza della Croazia dal regno di Jugoslavia, con a capo Ante Pavelic.

COPERTURA E NOMINA A CARDINALE DI PIO LAGHI:

Monsignor Pio Laghi, fu nunzio apostolico del Vaticano a Buenos Aires durante la dittatura dal 1974 e secondo numerose testimonianze, non solo giustificò pubblicamente la dittatura per motivi politici, ma coprì i delitti dei militari, aiutò e sostenne i vertici della Giunta di cui era intimo amico (giocava a tennis con Massera) , e contribuì allo “smistamento” dei figli dei desaparecidos, dati in adozione a generali e militari. Nel 1997 le Madri de Plaza de Mayo lo denunciarono ufficialmente per complicità e allegarono una serie di testimonianze sull’operato del nunzio, con queste parole:

«collaborò attivamente con i membri sanguinari della dittatura militare e portò avanti personalmente una campagna volta ad occultare tanto verso l’interno quanto verso l’esterno del Paese l’orrore, la morte e la distruzione. Monsignor Pio Laghi lavorò attivamente smentendo le innumerevoli denunce dei familiari delle vittime del terrorismo di Stato e i rapporti di organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani».

Ma non basta: lo si accusò anche

«di aver messo a tacere le denunce internazionali sulla sparizione di più di trenta sacerdoti e sulla morte di vescovi cattolici. Pio Laghi provvide, con i membri dell’episcopato argentino, alla nomina di cappellani militari, della polizia e delle carceri che garantissero il silenzio sulle esecuzioni, le torture e gli stupri cui assistevano. Questi cappellani avevano l’obbligo non solo di confortare spiritualmente gli autori dei genocidi e i torturatori, ma anche, tramite la confessione, di collaborare con l’esercito estorcendo informazioni ai detenuti».

Ovviamente grazie all’immunità vaticana non fu mai processato.

BEATIFICAZIONE DI PIO IX, MANDANTE DELLA STRAGE DI PERUGIA, PER AVER CHIESTO L’INDIPENDENZA DALLO STATO PONTIFICIO:

Numerosi contemporanei descrissero l’accaduto. Così è raccontato nelle parole del Sottointendente militare Pontificio Monari:

« I soldati passarono sopra queste barricate, presero d’assalto tutte le case ed il convento ove uccisero e ferirono quanti poterono, non eccettuate alcune donne, e procedendo innanzi fecero lo stesso nella Locanda a S. Ercolano, uccisero il proprietario e due addetti, ed erano per fare altrettanto ad una famiglia americana, se un volteggiatore non vi si fosse opposto, ma vi diedero il sacco, lasciando nel lutto e nella miseria la moglie del proprietario e arrecando un danno di circa 2.000 dollari alla famiglia americana. Fatti simili sono accaduti in tre case, dappoiché il saccheggio ha durato qualche tempo durante il quale tre case sono stale incendiate. I soldati vincitori hanno fatto man bassa su tutto quanto loro capitava innanzi. »

(da Le stragi di Perugia – L’insulto a Dio, in «La Propaganda» n.461 del 2 luglio 1903)

Anche lo storico Pasquale Villari descrisse l’accaduto nella sua opera Storia generale d’Italia:

« Furono saccheggiate trenta case, nelle quali — per confessione dello stesso Schmidt — fu fatto massacro delle stesse donne; furono invasi un monastero, due chiese, un ospedale e un conservatorio di orfane, nel quale sotto gli occhi delle maestre e delle compagne due giovanette furono contaminate. Alle immanità dei saccheggiatori seguirono, come legittimo corollario, il Governo statario bandito a Perugia dallo Schmidt, le onorificenze largite a lui ed ai suoi satelliti dal pontefice e i solenni e pomposi funerali indetti, dal card. vescovo Pecci (oggi Papa Leone XIII) con la iscrizione satanicamente provocatrice messa sul catafalco: Beati mortui qui in Domino moriuntur … »

(Il risorgimento, in «Storia generale d’Italia», diretta da Pasquale Villari. F. Vallardi editore. Milano, 1881, pag. 376)

L’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, Stockton, scrisse al suo governo:

« Una soldatesca brutale e mercenaria fu sguinzagliata contro gli abitanti che non facevano resistenza; quando fu finito quel poco di resistenza che era stata fatta, persone inermi e indifese, senza riguardo a età o sesso, furono, violando l’uso delle nazioni civili, fucilate a sangue freddo »

(H. Nelson Gay, op. cit., p. 149)

Il New York Times, in riferimento alla vicenda della famiglia statunitense dei Perkins, testimone e vittima delle violenze, scrisse:

« Le truppe infuriate parevano aver ripudiato ogni legge e irrompevano a volontà in tutte le case, commettendo omicidi scioccanti e altre barbarità sugli ospiti indifesi, uomini donne e bambini. »

(The Massacre at Perugia – The outrage to Mr. Perkins and his Party, «New York Times», 25 giugno 1859)

SANTIFICAZIONE DEI PRETI SPAGNOLI FRANCHISTI:

Wojtyla ha santificato numerosi sacerdoti Spagnoli che durante la dittatura fascista di Francisco Franco, si schierarono in armi dalla parte del regime, desiderando espressamente che la chiesa tornasse ai tempi di Torquemada.

QUELLA USCITA SUL BALCONE COL DITTATORE SANGUINARIO PINOCHET…

Basterebbe leggere l’augurio che Wojtyla fece ad Augusto Pinochet per le nozze d’oro, per far capire in quanta considerazione tenesse questo sanguinario dittatore:

“Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale”. Giovanni Paolo II

Chi era Augusto Pinochet? L’11 settembre 1973, tradendo la fiducia del Presidente Allende, lo destituì con un cruento colpo di stato militare. I leader del golpe usarono aerei da combattimento per bombardare il Palazzo Presidenziale che ospitava Allende, che rifiutò di arrendersi e morì (si sarebbe suicidato). Pinochet fu nominato a capo del concilio di governo della giunta vittoriosa, e si mosse per frantumare l’opposizione liberale del Cile, arrestando approssimativamente 130.000 individui in un periodo di tre anni.  La violenza e il bagno di sangue del colpo di stato continuarono durante l’amministrazione di Pinochet. Una volta al potere, Pinochet governò con il pugno di ferro. I dissidenti che erano stati assassinati per aver pubblicamente parlato contro la politica di Pinochet venivano definiti “desaparecidos”, scomparsi. Non si sa esattamente quanta gente sia stata uccisa dalle forze del governo e dei militari durante i 17 anni che rimase al potere, ma la Commissione Rettig elencò 2.095 morti e 1.102 “scomparsi”. I dissidenti invece diedero stime molto più alte, fino a 80.000 morti. Tra le vittime, ucciso nello stadio di Santiago insieme a molti altri, anche il regista e cantante Victor Jara. Anche la tortura era usata comunemente contro i dissidenti. Migliaia di cileni lasciarono il Paese per sfuggire al regime.

IL PROFILATTICO? E’ PECCATO!

Uno dei cavalli di battaglia di Wojtyla è stata la condanna dell’uso del profilattico, per ribadire il solito ottuso e criminale dogma di “castità”

Secondo le Nazioni Unite, nell’Africa sub-sahariana le persone infettate dal virus dell’HIV sarebbero circa 22 milioni, cifra pari ai due terzi del totale mondiale. Ogni giorno l’HIV uccide oltre cinquemila persone. 14 milioni di bambini sono orfani a causa dell’Aids e 700 mila bambini nascono infetti ogni anno.

E non solo in Africa. Il profilattico salva la vita a milioni di persone in tutto il mondo in quanto impedisce la diffusione di tutte le malattie sessualmente trasmissibili.

 

COMPLETA CHIUSURA ALLE ALTRE CONFESSIONI:

Con la propria enciclica “Veritatis Splendor” ha specificato che “fuori dalla Chiesa di Roma non esiste salvezza né verità”: non c’è da meravigliarsi che il patriarca cristiano russo-ortodosso non abbia mai voluto Wojtyla sul suolo russo.

PAROLA D’ORDINE: MARKETING!

Nella storia della chiesa, i 33 papi precedenti avevano nominato 296 santi e 1319 beati. Wojtyla da solo ha totalizzato 500 santi e 1350 beati. Potete immaginare quanto è cresciuto il mercato di medagliette, santini, immagini sacre, statuette?

AMEN!

Ieri il Corriere della Sera titolava:

Il nuovo progetto di Bill Gates:
«Inventatemi una toilette senz’acqua»

Mister Microsoft rivela: ho incaricato un team di tecnici, nel mondo ci sono troppi sprechi

Ora, che la Microsoft di cacate ne avesse fatte tante nella sua storia lo sapevamo un po tutti, ma che fosse ufficializzata una discesa in campo nel settore dei sanitari, questa non ce la saremmo mai aspettata!

Immaginiamoci il Cesso Microsoft: hai la colite, arrivi appena in tempo al bagno. Alzi la tavoletta e sul display compare la richiesta della password. Digitata la password, devi aspettare che se ne vada la clessidra, che compaiano tutte le iconcine in basso a destra, e che venga riconosciuta la connettività internet (4 minuti). Cerchi di metterti a sedere ma ti accorgi che non c’è il buco del cesso! Per ottenerlo, devi confermare il codice seriale tramite un collegamento internet. Il cesso ti dice che non sei connesso ad internet. Spegni e riaccendi il cesso. Stessa procedura, e non ti vene ancora riconosciuto il collegamento internet. Allora fai una chiamata al numero 800534042. Digiti le 78 cifre del codice seriale. Una voce registrata ti dice che il seriale non viene riconosciuto. Chiedi di parlare con un operatore. Dopo 25 minuti, parli con l’operatore tunisino che non parla italiano. Gli dici le 78 cifre e lui ti da il codice di sblocco di altre 78 cifre.Le inserisci nel terminale e finalmente ti si apre il buco dove espletare. Però ti viene un dubbio: per avere la carta igienica? Devi scaricare il Framework 4: 32GB di aggiornamento software per il tuo cesso. Dopo 2 ore di installazione, devi riavviare il cesso. E tu sei li con la colite fulminante… Quando il cesso riparte, alzi la tavoletta e compare una schermata blu di errore. Riavvii il cesso. Finalmente posi le tue chiappe sulla tavoletta. Compare una scritta: “attenzione: natiche non riconosciute. Vuoi scaricare il driver da Microsoft Update?”. Proviamo a cliccare SI. Ecco che compare la richiesta di iscriversi al servizio Microsoft Live Paper, utilizzando il tuo account di Microsoft Live. Ma io non sono utente di Microsoft Live! Ok, no problem, devi crearti un account di posta con Hotmail, poi registrarti su Live. Successivamente potrai usare la carta igienica. Per creare la casella di posta su Hotmail, devi scaricare l’aggiornamento al Framework 4.2 (54GB). E tu sei li con la colite che preme… A metà dell’aggiornamento compare la schermata di errore. Ti alzi, bestemmi, riavvii il cesso. Alzi la tavoletta e ti accorgi che devi registrarti ancora con codice seriale perché si è sconfigurato. Ti riconnetti ad internet e ti ri-registri. Posi finalmente le natiche, e compare una schermata. “Sei sicuro di voler defecare? [SI] [NO]”. Esausto, clicchi su SI. Clessidra… Schermata: “Si è verificato un errore, codice #H33Df23F44”.

Ti alzi, e vai a cacare in giardino.

Faccio una premessa. Su Wikipedia, alla voce “Dittatura” si legge:

La dittatura è una forma autoritaria di governo in cui il potere è accentrato in un solo organo, se non addirittura nelle mani del solo dittatore, non limitato da leggi, costituzioni, o altri fattori politici e sociali interni allo stato.
In senso lato, dittatura ha quindi il significato di predominio assoluto e perlopiù incontrastabile di un individuo (o di un ristretto gruppo di persone) che detiene un potere imposto con la forza. In questo senso la dittatura coincide spesso con l’autoritarismo e con il totalitarismo. Sua caratteristica è anche la negazione della libertà di espressione e di stampa. La dittatura è considerata il contrario della democrazia. Va inoltre detto che il dittatore può giungere al potere anche democraticamente e senza violenza (valga l’esempio di Adolf Hitler, eletto dal Popolo Tedesco). La salita al potere di una dittatura è favorita da situazioni di grave crisi economica – per esempio dopo una guerra – sociali – lotte di classi – politiche – instabilità del regime precedentemente esistente.

Fin troppo facile fare delle similitudini con la situazione politica nel nostro paese. Il potere è concentrato nelle mani di un solo uomo che possiede e comanda un impero finanziario, e grazie al quale riesce a condizionare la vita di ogni singolo cittadino, ed ogni cittadino contribuisce ad alimentare questo impero usufruendo dei servizi che tale personaggio propina.

In qualsiasi paese civile o da poco civilizzato, tali accentramenti di potere sarebbero impensabili. Da noi non solo è tollerato, ma sostenuto da quei pilastri che pur di prosperare, accettano qualsiasi tipo di connivenza. Ci siamo mai chiesti perché nel nostro paese non è mai stato possibile fare una vera riforma in nessuno dei settori chiave per lo sviluppo e l’ammodernamento di un paese? Molto semplice. Clientelismo.

Facciamoci aiutare ancora una volta da Wikipedia:

Con il termine clientelismo – o semplicemente clientela – si indica la pratica disonesta per cui personaggi influenti o individui inseriti nelle amministrazioni pubbliche instaurano un sistema di favoritismi e scambi (fondato sull’assegnazione arbitraria di risorse, prebende, benefici o posti di prestigio nel panorama politico-sociale) con chi non avrebbe alcun titolo per godere di tali favori.

Tutto chiaro adesso? Entriamo nel dettaglio. Un paese, per rimanere al passo con i tempi

deve periodicamente modificare i propri sistemi di funzionamento (scusate il linguaggio poco tecnico), e i metodi per reperire le risorse vitali per il miglior funzionamento della macchina statale. In parole povere: Lo stato deve dare il miglior servizio possibile ai cittadini, i quali pagano tale servizio con le tasse. Pertanto la sanità, l’istruzione, il mondo del lavoro e la previdenza sociale, l’economia, le telecomunicazioni, le fonti energetiche, per citare alcuni aspetti, dovrebbero via via evolversi per dare il miglior servizio al paese.

In Italia non si può.

L’Italia è ostaggio della propria classe politica, ricattata o connivente con i poteri di cui sopra. Il meccanismo è molto semplice: voi politici mantenete lo “status quo”, noi vi garantiamo il vostro posto di lavoro così ben remunerato.

Questi poteri forti sono talmente radicati da essere diffusi in maniera piramidale in tutto il territorio: non si può fare la riforma del mondo del lavoro perché gli industriali si opporrebbero al punto da non garantirti la rielezione a capo del Governo. Non puoi dare un giro di vite agli appalti per il trasporto pubblico locale altrimenti ti sei giocato il posto di Presidente di Regione. Non puoi fare un piano regolatore che non piaccia al signorotto del paese, altrimenti non verrai mai eletto Sindaco. Questa è la realtà Italiana.

Ma il più pericoloso degli enti che impedisce una crescita scientifica, sociale e culturale del nostro paese è, neanche a dirlo, il Vaticano. Tutti i politici (e non solo) sono soggiogati dal potere del clero. Non per timor di Dio, badate bene. Ma per il potere che tale setta ha nel mondo intero. Il Vaticano riesce, tramite il più bieco ricatto psicologico, a piegare le volontà di interi stati ai propri voleri. In Italia ha boicottato un referendum sulla fecondazione assistita e sulla diagnosi dell’embrione. Se Mengele fosse ancora vivo si congratulerebbe con questi personaggi che vanno in giro vestiti con delle lunghe tonache e catene d’oro predicando la povertà.

In nome di Dio si può fermare qualsiasi innovazione o ricerca. Se non sei in sintonia col Vaticano non hai alcuna possibilità di essere eletto o rieletto. E una volta sulla poltrona, ricordati chi ti ci ha portato, recita una ave maria e agisci da buon cattolico. Avrai la salvezza dell’anima nell’altro mondo, la garanzia della poltrona in questo mondo.

Follia. Ho visto il mio paese in 20 anni scivolare nel baratro.

Ho visto un paese , tra gli 8 più industrializzati al mondo, prendere decisioni vitali per la società, l’istruzione e la salute pubblica seguendo dogmi imposti da una setta religiosa che ha deciso che il mondo deve vivere secondo leggende palestinesi di 3000 anni fa.

Ho visto gli Italiani essere ipnotizzati dalle TV al punto da essere convinti che la verità non è quella del mondo che li circonda ma quella vista e raccontata in TV.

Ho visto miei connazionali, davanti ai peggiori soprusi, dire “va beh, tanto, che vuoi che sia”.

E quello che è peggio è che non riesco ad intravedere alcuna via d’uscita.

L’Italia avrebbe bisogno di una ricostruzione morale e civile, a cui seguirebbe necessariamente un rinnovamento della classe dirigente .

Questa ricostruzione dovrebbe partire dal basso, dalle persone comuni come è successo più volte nella storia, e come sta succedendo in paesi a noi geograficamente vicini in questi giorni. Ma c’è una differenza fondamentale: che nel nostro paese non esiste un popolo in grado, da solo, di prendere le redini del proprio destino e portarlo a compimento. L’Italiano è assuefatto al giogo dopo venti anni di “panem et circenses”: nel caso si dovesse svegliare dal torpore, ci vuole poco a far tornare la calma, basta una partita di calcio in TV o un bel gossip su una attrice dai facili costumi. Se scende in piazza è solo per il calcio. Se si osa criticare uno dei poteri forti, o un esponente del Governo, parte subito la macchina della controffensiva: tutti i mezzi a disposizione del premier si concentrano come un laser su colui che si è macchiato di lesa maestà, con un trattamento simile a quello che Mussolini riservò a Giacomo Matteotti, finché tale personaggio non viene spazzato via da gossip e infamie che sono trasmesse dalla TV pertanto risultano vere ed attendibili.

Fatte queste premesse, io mi chiedo: può l’Europa tollerare che un paese membro dell’Unione versi in queste condizioni? Che sicurezza può dare un paese il cui premier ha come più stretti alleati Gheddafi, Putin, Lukashenko, Ben Alì, Mubarak, Mugabe ? Un uomo dichiaratamente sceso in politica per non finire in galera, e che da 17 anni sta distruggendo uno stato creando leggi che lo tengano al riparo dalla giustizia. Molti interventi dell’ONU sono stati pianificati in situazioni simili.

Da cittadino Italiano ed Europeo mi faccio una domanda. Perché non chiediamo aiuto all’ONU? Non è possibile far “commissariare” uno stato?

Preso atto della situazione esistente, la soluzione più difficile ma anche l’unica che potrebbe democraticamente rimettere in piedi il nostro paese sarebbe quella di un intervento diretto dell’Europa o dell’ONU. Il mio sogno sarebbe un organismo internazionale che prenda in mano la situazione nel nostro paese per portarlo fuori dal baratro. Azzeramento della classe politica, attuale scioglimento delle Camere e del Governo. Insediamento di un “Governo tecnico di transizione”, che nell’arco di tempo di una legislatura (5 anni), si occupi della ricostruzione del paese. I commissari (ministri) dovranno necessariamente essere stranieri: in questo modo non saranno ricattabili con la promessa della rielezione e non saranno influenzati dai poteri forti che si opporranno strenuamente al cambiamento. Inoltre, la cosa è ovvia, dovranno essere dei tecnici e prendere le redini del settore di loro competenza. Un economista all’economia, un giuslavorista al Welfare e così via (solo noi abbiamo un premier pluriindagato che ha il potere di riformare la giustizia!). Contemporaneamente, questo Governo avrebbe il compito di formare la nuova classe politica Italiana, quella che dovrebbe insediarsi alla fine della legislatura transitoria, scegliendo sul territorio i migliori soggetti (ovviamente incensurati). Qualcuno parlava di “Miracolo Italiano”. Questo sarebbe il modo per vederlo applicato.

Ci sarebbero dei terremoti inenarrabili! Quanti privilegi verrebbero spazzati via! Immaginate una riforma della sanità che preveda l’arresto e la radiazione per i medici obiettori di coscienza che non vogliono praticare l’aborto! Una scuola pubblica potenziata e funzionante, togliendo risorse alle scuole cattoliche e private (che se vorranno sopravvivere, dovranno far pagare delle rette), una normalizzazione degli appalti, che li renda assolutamente trasparenti. Il famoso e mai applicato conflitto di interessi tra la carriera politica e il possesso di mezzi di informazione. Le caste che si sgretolerebbero sotto i colpi di assunzioni tramite concorsi pubblici e non tramite nepotismo. L’abolizione dell’ 8 per 1000, assurdo finanziamento ad un altro stato che toglie risorse al nostro.

Sarò un illuso, ma credo che il popolo Italiano sia solo ipnotizzato, non completamente rincitrullito. Forse basterebbe uno schiocco di dita per farlo risvegliare e dimenticare questo brutto sogno lungo oramai quasi vent’anni.

Io non sono normale. So di non esserlo, ed ho il sospetto di non esserlo mai stato. Partiamo dal concetto di normalità: con “normale” si intende giustappunto “nella norma”, cioè un qualcosa che si ritiene che la logica voglia che sia in quel preciso modo. Quindi, io non sono normale. Non posso esserlo, se mi guardo attorno e vedo quello che viene definito “normale”…

Conosco il numero del mio cellulare. Cosa impensabile per i miei connazionali. Addirittura ho 2 numeri e me li ricordo perfettamente. Non ho mai imboccato l’autostrada/superstrada contromano, e non mi sono mai dovuto giustificare con “si va beh, tutti possono sbagliare”… Non ho mai buttato via uno stipendio per comprare un oggetto insulso e perfettamente inutile visto in TV. Non ho mai fatto a botte, e sono arrivato a 40 anni senza farlo. Ho sempre massacrato l’avversario di turno con la dialettica e il cervello, ambedue  formidabili e, ai più, sconosciute armi. Non mi si è mai bloccato Windows 95, se non perché avevo fatto casino io. Ho usato per anni Windows 98, XP e Vista e non ho mai avuto i problemi che i miei connazionali ipocondriaci riscontrano per sentito dire… Non sono normale. Ho quasi sempre controllato le bollette che mi arrivavano, e quando ho rilevato inesattezze ho parlato con l’operatore ed abbiamo risolto il problema, senza incazzarsi, chiamare l’avvocato, disdire contratti e pagare penali. Ho un automobile con la quale percorro mediamente 35.000 km l’anno, e cerco di rispettare il codice della strada, di mettere la freccia, di rallentare, di dare la precedenza, nonostante la guerra a cui vado incontro ogni mattina. Non ho bisogno di un SUV anche se da noi, per 3 giorni all’anno c’è la neve. Non ho mai avuto parabole o decoder, non me ne frega niente di vedere 989 canali di cui 980 in lingue che l’italiano medio non solo non conosce, ma non distingue neanche l’una dall’altra. E dei documentari sul facocero nano della savana, non me ne può fregare di meno, perché non sono normale.

Non ho mai comprato magliettine di cotone pagandole come uno scooter solo perché gli fa la pubblicità un coglione analfabeta che per campare tira calci ad una palla di gomma. Se devo andare in un negozio o in un ufficio, cerco di presentarmi entro l’orario scritto nell’apposito cartello, magari informandomi prima di partire, invece di andare all’ora che voglio io e smadonnare come ossessi perché è chiuso e cercare di telefonare a tutte le autorità per trovare il modo di farmi aprire. Quando ho subito dei soprusi, ho reagito secondo la ragione e al massimo mi sono tolto qualche soddisfazione scrivendo l’accaduto in qualche giornale.

Non sono mai andato a ballare a 300Km di distanza perché è di moda andare in quel locale, e se non ci vai non sei nessuno. Appunto. Non sarò nessuno per voi. Lo considero un complimento.

Non ascolto la musica che vuole il sistema, e non leggo i libri che il sistema vuole che io legga. Io uso il cervello prima di aprire bocca e prima di muovere qualsiasi organo, compreso quello sessuale. Io ho imparato a conoscere le persone, mi fido della mia impressione, e tendo a diffidare dagli esseri viscidi che si presentano come messia. Non ho mai nascosto le mie idee politiche, i miei interessi, anche quando era consigliabile non esporsi. Non ho paura di usare il cervello e dimostrare che so pensare. Io, come Gramsci, odio gli indifferenti.

Non sono normale al punto di saper scrivere più o meno correttamente nella lingua Italiana, e sono in grado di leggere e di comprendere molte delle cose che leggo. Perché? Perché non sono normale, e quando andavo a scuola non consideravo gli argomenti di cui si parlava come “materie scolastiche” da sopportare per un’ora e poi via a casa. Ho semplicemente assimilato gli insegnamenti. Per 13 anni. Parlo alcune lingue, alcune (dicono) bene, altre in maniera comprensibile. E quando vado all’estero e riesco a comunicare tranquillamente con le altre persone ho degli indubbi vantaggi, oltre che una gigantesca soddisfazione. Ma quando sono in Italia, e uno straniero chiede una informazione, vengono a chiamare me: perché non sono normale, sono quello che sa l’inglese.

Io non sono normale quindi. E come tutti i matti, ne sono orgoglioso.

27/01 – Appunti per il Giorno della Memoria

Io ci sono stato, la dentro. Quando arrivi ad Auschwitz I, la prima cosa che noti, ancora prima di varcare il tristemente famoso cancello, sono le reti deformate. Quelle reti che furono elettrificate, e che, ti spiegano le persone del posto, sono state deformate delle persone che ci si gettavano contro di corsa: “almeno la facciamo finita subito”.

Vedere quel cancello con la scritta mette i brividi. E non è una frase d’effetto. L’effetto è quello di vedere materializzato davanti a te l’orrore in tre semplici parole: “Arbeit Macht Frei”. Da quel momento, non hai più parole, la voce la lasci fuori. Non c’è bisogno di parlare. Li, prima di entrare, se ti guardi attorno, sembra tutto in bianco e nero. Forse perchè tutti conosciamo bene quei posti, li abbiamo visti in centinaia di vecchie foto nei libri. Poi entri e vedi l’orrore. Entri nell’orrore.

E qui, ad Auschwitz I l’orrore è ancora più bastardo perchè regna l’ordine. Palazzine ben tenute, vialetti, piccoli piazzali. Poi entri nelle palazzine e vedi nei sotterranei le camere delle torture. Le prime piccole camere a gas, i graffi insanguinati che da 60 anni stanno li sulla parete. Si vedono le ruote di pietra usate per schiacciare i bambini, le stanze dove Mengele si divertiva a iniettare acqua salata nei bulbi oculari delle persone così, giusto per vedere che effetto che fa. Si vedono stanze di 5 metri per 5 profonde 3 piene di occhiali. Un altra piena di spazzole. Un altra di pettini. Non è dato sapere quante quanti siano, ma l’enormità non è esprimibile con un numero preciso. Si sta in silenzio. Non c’è niente da dire. Li nessuno parla. Non ce n’è bisogno.

Io ci sono stato, la dentro. Ed ho provato nausea. Non per le scene che si immaginano successe li sotto ai tuoi piedi. Nausea per appartenere a quella stessa razza (termine appropriato, li…) che ha osato tanto.

Poi si esce e ci si dirige ad Auschwitz III, la famigerata Birkenau. Quel campo di sterminio visto in Schindler’s List, per capirci. Già da lontano vedi la sagoma di quella costruzione allungata con la torre e quel tunnel centrale dal quale entravano i treni. E cominci ad avere paura. Si ha la sensazione di essere su quel treno e di essere destinati a dover entrare là. Brividi. Qualcuno con gli occhi gonfi si sofferma e guarda l’entrata ma non ce la fa ad entrare nel campo. Lo capisco ma mi faccio forza ed entro.
Davanti a me una enorme radura, disseminata di grandi capanne di legno, la maggior parte distrutte dai soldati Tedeschi in fuga. Lontano, quello che resta delle torri dei forni crematori. Entro nelle capanne, guardo i trabiccoli di legno dove dormivano in 4,5 o anche più in un metro e mezzo di spazio. Le capanne latrina, riscaldate solo dagli escrementi. Ci ritroviamo a camminare a fianco dei binari. Quanti ne sono scesi qui, dove sono adesso? Non ce la fai a darti una risposta. Ti senti in colpa e non sai perché.

L’istinto ti porta all’apoteosi. Il forno crematorio. Quei bastardi hanno fatto saltare tutto prima di andarsene. Ma ancora si intravedono le scale che scendono sottoterra, i locali con le pareti piastrellate da cui spuntano dei ganci ironicamente numerati. “Ricorda il numero dove lasci il vestito” sicuramente avranno detto, sogghignando. Anche li dentro le rotaie. Di un treno più piccolo, composto da una serie di carrelli sui quali venivano caricati industrialmente i cadaveri ammazzati dallo “Zyklon B” e portati nel locale accanto, dove c’erano i forni.

Non è una illusione. Ancora, li c’è odore di morte.

Io ci sono stato, la dentro. E le sensazioni che si provano in quei posti non hanno uguali. Milioni di persone sono accanto a te mentre cammini, leggere, nel vento.

La morte è dolorosa. L’uomo ha saputo renderla atroce.

PSICOPATOLOGIA DEL CLIENTE

Piccola guida ad uso e consumo di chi si avvicina al mondo del commercio, e perché no, di quei clienti che vorrebbero un diverso trattamento da parte di chi sta “dall’altra parte” del bancone.

"No io non lavoro qui, indosso un gilet verde scuro con sopra il logo ed il nome di questo posto solo perché ritengo che faccia molto FIGO!"

PRIMA LEGGE: Il cliente è fondamentalmente stupido.

  • Nonostante la prima legge, il cliente non va mai turlupinato o preso in giro. E’ lui che porta i soldi. Le sue richieste, quando umanamente o tecnicamente possibile (cioè quasi mai), vanno assecondate.
  • Il cliente parla una lingua al limite della comprensione. Esempio tipico di richiesta del cliente: “Vorrei quel coso che poi ci si fa, dai… Quello per quella cosa li in basso che ci si mette un affare…Quello grigio!”
  • Il cliente usa la terminologia che sente in TV, e ovviamente la storpia. Non ha più un telefono cellulare, ma ha uno smartphone (che ovviamente storpia in “starfòn”, “starton”, “farfon” o peggio), vuole prodotti “senza radicali liberi” anche se compra un forno a microonde, qualsiasi pizzeria al taglio diventa il Mecdonalz, tutto è “multimediale”, compreso l’arricciacapelli per la moglie… Inoltre, vi ripeterà gli slogan della TV: quando acquista un balsamo da 1,50€, strizzerà l’occhio con compiacimento alla cassiera dicendole “sa, perché io valgo!”
  • Il cliente ha sempre un amico o parente che se ne intende. Se deve comprare un computer, ogni 3 parole vi ricorderà che lui ha un cognato che ha una figliola che lavora all’ASL, e loro, li in ufficio, coi computer ci lavorano… Quindi, per traslato, lui è Bill Gates in persona. Se deve comprare una canottiera, non si risparmierà certo di ricordare che la su figliola una volta ha fatto un colloquio per entrare a lavorare in una tabaccheria, però vicino ad un negozio di abbigliamento, quindi lei si che è una vera esperta di tessuti! Il mondo è pieno di fratelli di amici di cognati di vicini di casa che ne sanno molto più di un semplice commesso… Che ci volete fare?
  • Il cliente non può vivere senza i prodotti o i servizi che vede in televisione, anche se non ha la più pallida idea di cosa siano. Così si vedono persone che chiedono le “Lambergèc” in salumeria, il “Tresòrdelancom” in libreria, lo Suòc (Swatch) nel negozio di telefoni, lo smartphone nel negozio di abbigliamento e così via. Quando riescono ad avere l’oggetto tanto bramato, esclamano: “ah, è questo? e a cosa servirebbe?
  • Il cliente non ha la minima idea di cosa sia una carta di credito. Per il cliente, una carta di credito, un bancomat, la tessera sanitaria, la tessera della bocciofila, la raccolta punti Agip o la tessera dell’estetista sono esattamente la stessa cosa. E se ti azzardi a fargli notare che non può pagare in un negozio con la tessera della pesca sportiva, si incazza pure, asserendo che “ha sempre pagato con questa,  se in questo negozio non la prendete non sono affari miei”.
  • Il cliente non ha idea di come funziona la garanzia. La domanda che fanno tutti è: “ma la garanzia c’è?”. Certo che c’è, idiota, lo stabilisce la legge Italiana, non è un accessorio che si può mettere o no! La garanzia copre malfunzionamenti o difetti di fabbricazione, non rotture o danneggiamenti più o meno volontari! Se una maglietta è stata mangiata dal cane, non si dovrebbe riportarla al venditore dicendo: “l’ho lavata e mi è uscita così dalla lavatrice: me la cambia vero?”. Se la fotocamera vi è caduta a terra e ci siete passati sopra con l’automobile, non presentatevi dal venditore urlando che “me la deve dare nuova perché è in garanzia!”. Spesso, su questo punto il cliente bara: un cellulare che “ha smesso di funzionare all’improvviso mentre telefonavo”, di sicuro una volta aperto presenterà mezzo litro d’acqua (o altri liquidi meno nobili) all’ interno… Un automobile nuova appena comprata che si ferma dopo 3km, nel 99% dei casi ha subito un pieno di carburante sbagliato. Ma il cliente insisterà: “no sono sicuro, era gasolio!” Appunto, hai comprato una automobile a benzina…!
  • Il cliente non sa leggere e/o ascoltare. Spesso torna insospettito dal negoziante chiedendo “cosa è questa scritta strana che mi è comparsa sul telefono”? C’è semplicemente scritto “Lei ha appena effettuato una ricarica da 5 euro”. Non è difficile. E’ lingua italiana corrente. Un poco di impegno, per la miseria. Quando si fa il numero di un call center, basta ascoltare le istruzioni che vengono date (sempre in lingua Italiana corrente!) invece di presentarsi incavolati dall’esercente esclamando frasi sconnesse tipo “non ci capisco nulla” o “sento le voci”… Se in una confezione c’è scritto “Premere QUI per aprire”, non ci si può presentare dopo dieci giorni incazzati e urlare “mi dica lei come si fa ad aprire questo coso!”
  • Il cliente non ti ascolta! Ti fa parlare per dieci minuti poi esclama: si ma come sarebbe? Esempio tipico: “Per 2 euro a settimana chiami gratis per un ora”. “Ah. E quanto costa?” “2€ alla settimana”. “Ah, 2€ al mese” “No, 2€ alla settimana. Al mese sono 8€” “Come? 8€ alla settimana? Ma siete matti? è un sacco di soldi” “No! 2€ alla settimana, in un mese ci sono 4 settimane, 2×4=8€ al mese”. “Ah ecco. E parlo quanto voglio?” “No, ha un ora di chiamate” “Un’ora? E quanto sarebbe?” “Come quanto sarebbe?? Un ora sono sessanta minuti” “Si, ma sessanta minuti come?” “Sessanta minuti come sono? Sono sessanta minuti in tutto il mondo!” “Ah va bene. E quanto costa?” “2€, come le dicevo prima!” “Ma 2€ al mese?” A questo punto il venditore deve avere il sangue freddo per non accoltellare l’avventore…
  • I clienti arrivano tutti assieme. Se per 3 ore e mezza non si è presentato nessuno al negozio, tranquilli, i clienti arriveranno tutti assieme contemporaneamente, normalmente a 2 minuti dalla chiusura o 5 minuti dopo la chiusura. Addirittura avranno l’accortezza di comparire in ordine decrescente di tempo da dedicargli. Il cliente che per servirlo ci vorrà un ora e mezza entrerà per primo, quello che deve fare una cosa da trenta secondi, per ultimo. E’una legge della natura…
  • La vecchia con la borsa. Fate attenzione alla vecchia con la borsa gigante! Avrà sicuramente bisogno di chiarimenti circa un oggetto che ha acquistato da voi, e tale oggetto sarà gelosamente custodito più dell’arca dell’alleanza! Aprirà la borsa, cercherà negli scomparti, tirerà fuori una seconda borsa che ne conterrà una terza più rigida, dalla quale estrarrà un primo ed un secondo contenitore, al cui interno avrà una custodia contenente un borsello, che avrà all’interno un primo sacchetto di lana, poi un secondo di stoffa ed un terzo di cotone, con all’interno una fodera con all’interno l’oggetto avvolto in un panno di lino. Perché altrimenti prende la polvere. E intanto si è fatta sera. Una volta servita, la signora impiegherà altre 2 ore per tirare fuori il portafoglio (secondo la procedura sopra descritta). Nel frattempo, potete servire i successivi sette clienti.
  • Qualsiasi cosa voi vendiate (abbigliamento, TV, automobili, telefoni, accessori da regalo, barche a vela, soprammobili o cartoline), l’uomo vuole quello visto in TV, la donna quello ROSA!
  • Verranno tutti a comprare il regalo di Natale  il 24 Dicembre a 3 minuti dall’ora di chiusura! E se non hai esattamente quello che vuole il cliente (in genere oggetti assurdi, visti su un “Grand Hotel” del 1986), questo darà in escandescenze urlando frasi del tipo “E ora cosa c*zzo gli regalo io al mì figliolo?”.
  • Se volete un posto sicuro dove scrivere le password del computer, il codice dell’allarme e la combinazione della cassaforte, scrivetelo pure nel cartello dell’orario appeso alla porta: state tranquilli, NON LO LEGGERA’ MAI NESSUNO AL MONDO!
  • Il cliente pensa che il negozio sia sempre aperto, 24ore su 24. Evidentemente, quando le luci sono spente, la porta chiusa, la saracinesca è abbassata e sono le 3:20 di mattina, è inutile affacciarsi al vetro per vedere se c’è qualcuno all’interno. Non viene il sospetto che sia CHIUSO? Se il negozio non è dotato di saracinesca, è facile vedere il cliente che tenta in tutti i modi di aprire la porta (chissà, forse c’è qualcuno all’interno…).
  • Il commesso non ha più una vita privata o sociale. Buttate via il numero del cellulare e staccate il telefono di casa. Nel campanello di casa scrivete un nome finto. Perché il cliente avrà la necessità di contattarvi in qualsiasi momento della giornata per farvi una domanda circa gli argomenti di cui sopra, o perché all’improvviso ha finito la cartuccia della stampante, o ha finito il credito del telefono, o gli si è staccato un bottone o altro. In quel caso, a qualsiasi ora del giorno o della notte, il cliente riesce tramite una serie di telefonate a sapere il vostro nome e cognome e vi cercherà finchè non vi avrà trovato. A costo di telefonare a tutti quelli con il vostro cognome della provincia o di fare 90km in taxi per venire a suonare al vostro campanello. Non potrete più uscire: se andate al cinema, a ballare, in un pub o ristorante, o dall’altra parte del mondo in vacanza, spunterà sempre fuori il cliente ad importunarvi con le sue domande assurde, iniziando la frase con “guarda chi c’è! a proposito…”. Naturalmente vi rintracceranno anche il giorno di Natale alle 12:30 durante il pranzo con i familiari: se squillerà il telefono o suoneranno alla porta, non aprite. Sarà sicuramente un cliente che vuol comprare il regalo di Natale.
  • Quando piove, nevica o comunque le condizioni meteo sono proibitive, preparatevi al peggio! In tali condizioni quando  non uscirebbe di casa neanche Messner con la muta di cani slitta, ovviamente gli unici esseri umani che si avventurano per il globo terracqueo sono i peggiori clienti: la sottocategoria degli psicoclienti, psicopatici che sfidano le forze della natura per venire a chiederti le cose più assurde ed improponibili, tipo “come mai da quando ho cambiato il cinturino, questo orologio fa tic tac? Prima non me lo faceva mica, sa?”.
  • Quando hai appena pulito il pavimento del negozio, anche in piena estate e con la siccità, tempo 10 secondi ed entrerà il cliente con gli scarponi infangati fino al ginocchio, con lo zaino dal quale cadono le zolle di terra bagnata accompagnati dal cane a pelo lungo (bagnato) che si scuoterà ripetutamente la fanghiglia e le pulci su tutto l’arredamento circostante. Il tutto per una semplice domanda: “ma domani siete aperti?”
  • Il bambino piccolo e la mamma maledetta. Quando entra un bambino piccolo in negozio, a menoché non sia saldamente legato ad un passeggino, chiamate i Caschi Blu dell’ONU, i Vigili del fuoco e una ambulanza. La stronza della mamma non lo baderà un attimo, e l’infante approfitterà per DEVASTARE comletamente l’arredamento e le suppellettili del negozio, senza che la stronza gli dica neanche un “stai fermo” di circostanza. Quando avrà rotto 15 vetrine su 20 con i cristalli sparsi in tutto il locale, divelto dal pavimento tutte le bacheche, cominciato a sradicare i listelli di parquet, abbattuto i lampadari con la fionda e sfondato il bancone a calci, ed il commesso si azzarderà a dire “piccolo attento che così ti fai male”, la mamma vi guarderà con tutto l’odio del mondo urlandovi “MA E’UN BAMBINO!!!!!”. (Che noi ci auguriamo che non diventi mai grande!)

In conclusione… Se rileggendo quanto scritto sopra, qualcuno di voi pensa: “Perché? che c’è di strano?” di uno qualsiasi dei punti esposti, vi consiglio di farvi una bella seduta di psicoanalisi prima di entrare in un qualsiasi negozio. Ne va della salute di quei poveri cristi che stanno li A LAVORARE dalla mattina alla sera…

A volte, quando le cose non vanno nel migliore dei modi, ti fermi e pensi. Ultimamente per mia fortuna, in uno di questi periodi grigi, mi sono tornate in mente quelle cose per le quali è valsa la pena aver vissuto questi anni. La chitarra di Steven Rothery in “Incubus”, la poesia di Faber, assistere ad una lezione di Margherita Hack, la stampa in miniatura del Sonetto XVII di Pablo Neruda che portavo sempre con me nel portafoglio perché era come avere sempre “lei” con me, gli occhi che ancora oggi diventano lucidi quando leggono quel Sonetto XVII perché “lei” non è più con me. E l’ironia di Stefano Benni, il Rock Progressivo degli anni ’70, Firenze vista da Piazzale Michelangelo di sera, La Golf del 99, il 3° atto dell’Andrea Chenier di Umberto Giordano cantato da Maria Callas. Il Cervino che si riflette nel Lago Bleu, l’eclisse di sole vista con la radiografia in mano in una piazzola di servizio in Austria, e quella notte d’inverno del ’91, da militare, essere svegliati dalla guardia che ti dice “ragazzi, è scoppiata la guerra”… La cassetta di Misplaced Childhood dei Marillion registrata dallo Zampa sulla mitica TDK da 45, i film di Totò, l’esultanza di Tardelli del 1982, Bombolo, la Bibbienese in Interregionale, la faccia dei commissari d’esame di maturità quando, come autore a piacere, portai Pier Paolo Pasolini. La tomba di Jim Morrison, le lucciole nel barattolo bucato. Il Muletto, il Biondo, la Nerina, la Picci, il Topino e tutti gli altri animali. Aver cantato “And no more shall we part” con Nick Cave nel 2003 a Roma con le lacrime agli occhi. L’aver acceso il pc nel periodo più nero della mia vita ed aver incontrato le persone più importanti della mia vita. Guerre Stellari visto trent’anni fa d’estate in piazza proiettato sul maxischermo, i mondi creati da Tolkien, Orione visto la sera d’estate. La pizza Tandem del Babilonya. Silvano e la Leda.

 

E le ore ed ore passate con lei a ridere, scherzare e parlare fino a sorprenderci che fosse l’alba…